Si è conclusa domenica 17 Luglio la 150ma edizione del British Open 2022 giocata – come da tradizione – sul più famoso campo da golf del mondo : l’ Old Course di St.Andrews in Scozia , un par 72 di 6.680 mt. ( 7,305 yards). La Claret Jug se l’è portata via Cameron Smith, un giovane 28enne giocatore australiano che vanta, da quando nel 2013 è passato tra i professionisti, un totale di 8 vittorie tra PGA Tour ed Europen Tour nonché diverse altre affermazioni che , nonostante la giovane età, mettono già in evidenza un palmarès invidiabile destinato peraltro a crescere. Smith ha chiuso i quattro giorni con un totale di 268 colpi ( 67, 64, 73, 64 ) ad un solo colpo di distanza dal secondo classificato , l’americano Cameron Young, ed a seguire come terzo un deluso Rory McIlroy. Pur realizzando un punteggio straordinario Smith non è comunque riuscito a migliorare il record del campo detenuto dall’inglese Ross Fisher che nel 2017 aveva fatto registrare 61 colpi.
Interessante notare , nell’intervista di fine gara, come il campione australiano abbia risposto – tra le altre – ad una precisa domanda su una
sua eventuale partecipazione a LIV Golf Series : ” Non lo so, amico, è la mia squadra intorno a me che si preoccupa di tutta quella roba. Io sono qui per vincere tornei di golf….”. Va considerato che con la vittoria dell’Open il campione australiano è balzato al secondo posto del ranking mondiale pubblicato da OWGR e conta meno di 30 anni : due elementi che fanno di lui un candidato ideale agli occhi di Greg Norman CEO di LIV Golf , il ricco torneo della Superlega araba – in netta concorrenza con i tradizionali Tour occidentali quali il PGA ed European Tour – finanziato dal principe saudita Bin Salman ( accusato di essere il mandante dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi ) capo indiscusso in un Paese dove i diritti umani sono una chimera ed il comando autoritario che esercita si ispira rigorosamente alla legge della dottrina wahhbita. Ovviamente per rendere “ appetibile e concorrenziale ai PGA ed European Tour “ l’eventuale partecipazione al torneo arabo dei grandi giocatori di golf è solitamente pagata con una montagna di soldi che – per la maggior parte – sono di provenienza dall’inesauribile cascata di petrodollari in essere da molti decenni nelle casse saudite.
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