Lo Sportwashing dei sauditi

In un articolo pubblicato lo scorso mese su GolfDigest a firma di Joel Beall , noto commentatore e scrittore del mondo del golf d’oltre oceano , il giornalista commenta una recente intervista fatta da FOX News ( testata per la quale egli ha lavorato ) al principe eriditario saudita Mohammed Bin Salman. Inevitabilmente l’intervistatore ha voluto sottoporre al principe il tema dello “ sportwashing “ che bene si addice alle politiche che da anni vengono portate avanti da quel paese arabo. Per coloro che avessero dei dubbi sul termine inglese ricordiamo che lo “ sportwashing “ ( letteralmente lavaggio sportivo ) è il neologismo coniato da molte organizzazioni, tra le quali Amnesty Internation , per sintetizzare ciò che alcune nazioni fanno nel mondo dello sport ( acquisizioni di giocatori , squadre sportive di rilievo, organizzazioni di eventi etc. ) investendo ingenti capitali con il chiaro scopo di distogliere l’attenzione e lo sguardo del mondo dalla pessima situazione dei diritti umani praticati proprio in quei paesi e tentando – con ciò – di “ ripulire “ la loro immagine agli occhi del vasto mondo sportivo : insomma lo sport come lavacro . L’intervistatore voleva sottolineare anche l’enorme investimento fatto dal principe nel mondo del golf con la creazione del circuito LIV Golf e lil conseguente “ingaggio” di famosi campioni avvenuta a suon di milioni di dollari nonché la successiva partnership con il PGA Tour.

La risposta che egli ha dato all’intervistatore Bret Baier durante la puntata di “ Rapporto Speciale “ non lascia dubbi su come la pensa il principe in materia di diritti umani : “Beh, se il lavaggio sportivo aumenta il mio PIL dell’uno per cento, allora continuerò a fare il lavaggio sportivo,” . Bin Salman, 37 anni, è il principe ereditario, vice primo ministro e ministro della difesa dell’Arabia Saudita; suo padre, Salman bin Abdulaziz, è il re del paese, ma bin Salman è considerato il sovrano de facto.

A conferma delle politiche attuate da quel Paese verso lo sport va detto che recentemente hanno annunciato la loro super-offerta per ospitare la Coppa d’Asia femminile di calcio, cosa questa che si aggiunge alle numerose altre iniziative realizzate sino ad ora nel mondo del tennis, del calcio, della Formula 1 , del wrestling e della boxe senza dimenticare che nel 2021 il Public Investment Found ( fondo sovrano controllato dalla famiglia reale saudita ) ha acquistato la maggioranza di una delle più famose squadre di calcio della Premier League inglese : il Newcastle .

Doveroso ricordare che il governo saudita è considerato responsabile di innumerevoli violazioni dei diritti umani, in particolare nei confronti delle comunità LGBTQ e delle donne e di una guerra in atto contro lo Yemen – considerato satellite dell’Iran – e che ad oggi conta oltre 20.00 vittime e 18.000 feriti dall’inizio del conflitto iniziato da oltre otto anni . Una catastrofe che si perpetua – nel più totale disinteresse occidentale – contro la popolazione civile e che, sino ad ora, ha costretto oltre 4,5 milioni di persone ( tra cui due milioni di bambini ) ad abbandonare le loro case.

Bin Salman è anche ritenuto responsabile di avere messo a tecere definitivamente diversi dissidenti interni tra i quali vogliamo ricordare uno dei più noti : il giornalista Jamal Khashoggi che aveva lasciato l’Arabia Saudita nel 2017, recandosi negli USA, proprio per evitare le persecuzioni e l’ondata di arresti nel suo paese. Mentre era in Turchia, si è recato il 2 Ottobre, al consolato dell’Arabia Saudita per ottenere il nulla osta necessario per sposare una cittadina turca e non ne è più uscito. E’ ormai certo che sia stato assassinato all’interno del consolato e fatto sparire , si suppone a pezzi in diverse valigie .

Quando su FOX News è stato nuovamente chiesto al principe se l’accusa sportwashing ” lo infastidiva, Bin Salman ha replicato : “Non mi interessa. Ho l’uno per cento di crescita del PIL dallo sport, e sto puntando a raggiungere l’uno e mezzo per cento. Chiamatelo come vi pare, avremo quell’1,5 percento.” Circa i colloqui in corso per la partnership con PGA Tour il saudita si è ulteriormente confermato molto sicuro delle sue politiche portate avanti a colpi di milioni di dollari : “Questo è un punto di svolta per l’industria del golf. Non avrete concorrenza e avrete uno sviluppo molto buono per il gioco ed i giocatori ...”

Annunciato a giugno, l’accordo quadro tra il PGA Tour ed il Fondo per gli investimenti pubblici saudita per il momento delinea solo in generale in che modo PGA Tour , DP World Tour e LIV Golf potranno operare senza farsi la guerra commerciale ; l’accordo infatti fissa la data del proprio completamento entro la fine di quest’anno . C’è da sottolineare che il tutto potrebbe passare al vaglio dalla Commissione per gli Investimenti Esteri degli Stati Uniti , l’organo che ha il compito di analizzare e valutare le fusioni per quanto riguarda le potenziali minacce alla sicurezza della nazione. Oltre a ciò l’accordo è ancora sotto indagine antitrust da parte del U.S. Department of Justice. Nonostante le cifre da capogiro non tutto sembra così semplice e risolto …

firma articolo Sergio A. Fabbri per