In quasi tutte le competizioni sportive , indipendentemente dalla disciplina, i concorrenti – siano essi singoli od in team – sono suddivisi in categorie e si misurano sulla base dei risultati ottenuti purchè nell’ambito della propria categoria di appartenenza e ciò al fine di garantire un confronto equo . Nel calcio , ad esempio, il Derthona – squadra di serie D con sede a Tortona – non può partecipare al campionato di serie A ma bensì confrontarsi con le altre formazioni della sua stessa categoria ; così come nel pugilato le 8 classificazioni – suddivise in base al peso degli atleti – sono il riferimento al quale attenersi per rendere giusto ed interessante il match; ve lo immaginate infatti cosa sarebbe un incontro tra un peso Massimo (Kg.91) ed un Mosca (Kg. 52) ? Ingiusto e quindi improponibile.
L’appartenenza alle diverse categorie è quindi l’elemento primario che garantisce l’ equità ai partecipanti in quanto in ogni categoria ritroviamo diversi concorrenti ma con capacità ed abilità molto simili. Il golf consente invece agli amateurs una formula di gioco che pone tutti – indipendentemente dalla propria categoria di appartenenza – in grado di partecipare alla stessa gara : il sistema Stableford. Questa formula ha preso il nome dal suo inventore, l’appassionato golfista gallese ( Dottor Barney Gorton Stableford 1870-1959) , che la ideò alla fine del 1800 con l’obiettivo di sveltire i tempi di gioco che, sino a quel momento, erano basati sulla regola che imponeva al giocatore, pena la squalifica, di finire ogni buca indipendentemente dal numero di colpi effettuati. Tutto ciò creava tempi di attesa insopportabili sopratutto nel caso di golfisti neofiti o con scarse qualità di gioco.

Il sistema Stableford concede invece ad ogni amateur un limte massimo di colpi per “chiudere” una buca , raggiunto tale limite si deve passare alla buca successiva registrando 0 punti. L’assegnazione del numero dei colpi è in funzione del proprio handicap di gioco. Sebbene anche nel golf i praticanti siano suddivisi in 4 categorie nelle gare Stableford tale classificazione non impedisce di partecipare alla stessa gara a giocatori che appartengono a categorie diverse . L’handicap infatti indica quanti colpi vengono concessi in più al giocatore rispetto a quelli previsti ( solitamente 72 ) per completare le 18 buche e considera i seguenti parametri per la definizione delle categorie : la prima categoria include giocatori che possono avere da 0 a 12 colpi in più per completare con successo il percorso , la seconda da 13 a 23, la terza da 24 a 36 e la quarta da 37 a 54. Il variare dei colpi concessi in base alle abilità di gioco di ognuno produce il giusto ” bilanciamento ” tra i concorrenti offrendo a tutti le stesse possibilità di vittoria. Il buon dottor Stableford ha creato quindi una formula di gioco che non solo ha snellito i tempi ma ha altresì reso il golf uno degli sport più democratici : la possibilità di competere nella stessa gara a tutti , indipendentemente dalla propria categorie di appartenenza .
Tutto ciò si accompagna allo “spirito del gioco” che in campo si deve tradurre con un comportamento dettato dalla buona educazione , dal rispetto dell’avversario e dell’ambiente nonchè da quello delle regole di gioco . Gli arbitri (marshall) se e quando ci sono non possono garantire – durante la gara e per tutti i giocatori in campo – un controllo sulla regolarità di gioco e sul numero di colpi effettuato da ognuno per le 18 buche che compongono il percorso , tale dichiarazione e l’osservanza dello ” spirito del gioco ” sono demandati pertanto alla serietà e sportività di ognuno .. tradire tale aspetto del golf significa non rispettare avversari e sé stessi.
A tale proprosito vorrei indirizzare ai circoli di Golf ed alla Federazione una proposta che – per una volta – prende spunto da una buona iniziativa attuata nel gioco del calcio per sensibilizzare giocatori e pubblico sulla correttezza richiesta ai giocatori durante l’incontro. In quello sport da molto tempo la scritta RESPECT appare sulle fascette o magliette indossate da ogni giocatore ponendo così in evidenza un valore fondamentale che riguarda il comportamento da tenere , da parte di giocatori e staff , verso l’avversario ed il pubblico. Dato tutto ciò non suggerisco di fare indossare ad ogni golfista fasce o magliette con la stessa scritta ma semplicemente di porre in evidenza tale la parola su ogni score per ricordare ai giocatori l’invito . Viviamo tempi difficili nei quali la parola ” Rispetto ” deve riprendere il centro della scena al fine di offuscare la volgarità ed il pressapochismo che da troppo tempo si stanno diffondendo in modo incontrastato. Buon gioco a tutti.

Sergio A. Fabbri per 